martedì 20 aprile 2010

IL GIOCO DELLE OTTO PAROLE N°2

Si prendono otto parole a caso, e si inventa un racconto breve che deve contenerle.
Facilissimo e divertente!
Provateci anche voi...

OTTO PAROLE (sentite al ristorante macrobiotico): bimba, sali, principale, semaforo, pizzeria, polipetti, stalle, maiali.

PROFEZIE


A volte Carolina De Nobis ripensava alla sua vita senza capire come avesse fatto a finire dalle stelle alle stalle in quel modo.
Lei, dal casato così stimato e rinomato, tanto che un suo avo era stato ispiratore dello stesso DeAmicis che ne aveva fatto il personaggio principale del libro Cuore. Il più incisivo e straordinario per intenderci, di certo molto più memorabile di quelle altre mezze calzette di Bottini o peggio, Garrone.

Lei, che da piccola era stata cresciuta a pasticcini farciti di miele del Camargue e aveva dormito tra candide lenzuola di cotone della Persia, che faceva il bagno solo se nella vasca venivano versate copiose manciate di sali del Mar Morto e indossava sempre guanti di seta giapponese, era ora ridotta a sciacquare tazzine e battere scontrini alla cassa di un ristorante. Come era potuto succedere?


Avrebbe dovuto dar retta a suo padre, buonanima. Il defunto conte De Nobis glielo aveva sempre detto.
-Bimba mia – diceva – ricordati che gli olandesi sono tutti maiali!

A dire il vero suo padre ce l’aveva tanto con gli olandesi, e con tutti i Paesi Bassi tanto per tenersi larghi, a causa di un fantino di Dordrecht che gli aveva fatto perdere ben più di una proprietà al gioco. Ma a Carolina questo cattivo presagio non era entrato in testa e a ventidue anni era fuggita insieme ad Hans, scultore anarchico di Rotterdam squattrinato e con poco talento.
La sua creazione più famosa era stata “Semaforo contro il potere”, un’opera di denuncia su come la segnaletica stradale sia un complotto dei potenti per tenerci soggiogati, e per esprimere il senso di ribellione a questa insopportabile dittatura il semaforo di Hans aveva tutte le luci invertite. L’unico problema era che Hans aveva realizzato il suo capolavoro all’incrocio principale della città, mandando in crisi il traffico dell’ora di punta e causando parecchi tamponamenti così alla fine era stato arrestato per danneggiamento della pubblica proprietà.

Carolina aveva lasciato Hans ed era tornata a casa, ma nel frattempo suo padre si era giocato ai cavalli, e su un fantino napoletano, tutto quel che restava del loro patrimonio.
-Ah, guardati dai napoletani,-aveva detto il padre esalando l’ultimo respiro - sono tutti porci!

E adesso, come se su di lei fosse caduto un anatema, si ritrovava insieme a Gaetano, cuoco partenopeo, a gestire una pizzeria di Posillipo con tanto di insegna luminosa che diceva così:”Dalla Contessa, specialità polipetti ripieni!”.

sabato 10 aprile 2010

EMMA

dal mio vecchio blog



Mi chiamo Emma, e in questi giorni ho un magone che se non mi sfogo scoppio: sono afflitta dai preparativi che stanno facendo a casa per festeggiare il mio compleanno.
Guardali là come si affaccendano tutti quanti!

La mamma non fa che preparare ciambelloni e panini per tutti i parenti che arriveranno, il babbo strimpella quella vecchia chitarra che non mi fa toccare mai e la nonna sta addirittura ritagliando degli striscioni di carta colorata con la scritta “Emma ha un anno”. Come se ci fosse bisogno di ricordarmelo... E chi se lo scorda, quello è stato uno dei giorni più brutti della mia vita!

Mi sembra ieri: era una giornata come tante altre e nulla lasciava presagire il disastro che ne sarebbe seguito.
Ragazzi, come stavo bene a quei tempi: le mie giornate erano pressochè perfette. Ero immersa in una acquetta calda e profumata, me ne stavo comoda comoda in una specie di stanza scura, ma non dovete pensare che mi sentissi sola perché c’era La Voce che mi faceva compagnia.
La sentivo di continuo, era dolce e soffusa e mi parlava da lontano, accompagnata da un tum-tum di sottofondo. Anche quando La Voce se ne stava zitta, il tum-tum non smetteva mai e io così sapevo che Lei non se ne era andata, ma stava solo riposandosi un po’.

Me la scialavo davvero e quella volta lì sembrava esattamente come tutte le altre: mi facevo gli affari miei e, ve lo giuro, non rompevo le scatole a nessuno quando, tutto d’un tratto, il cielo si è squarciato, una luce fortissima mi ha avvolta e due mani profanatrici mi hanno afferrata e strappata dalla mia casa.
Mi hanno tirata fuori, dove faceva un freddo cane e dove la luce era crudele e violenta.
Io ero terrorizzata dal freddo e dal dolore, urlavo disperata mentre mi giravano e rigiravano mi mettevano a testa in giù e mi passavano da un posto all’altro. Non ho mai avuto così tanta paura…poi, all’improvviso, l’ho sentita.
Era lei, La Voce.
Era più forte di quando me ne stavo dentro, un po’ distorta, ma era comunque Lei, non c’era ombra di dubbio. Continuava a parlarmi e mi diceva cose rassicuranti con quel suo tono dolce ed unico. Mi tranquillizzai un pochino, ma solo per qualche minuto perché dopo è venuto il peggio: altre mani, estranee e puzzone, mi hanno afferrata di nuovo, mi hanno portata via, mi hanno lavata, pesata, vestita, girata e per finire sbattuta in una culla con le sbarre.
Ero sfinita e terrorizzata. Non c’era più speranza.
Solo dopo un po’ mi sono calmata, quando finalmente mi hanno tolta da quel lettino ruvido e mi hanno messa tra le sue braccia.
Quando mi ha presa l’ho capito subito che era lei. Era la Voce, solo che adesso non era più solo una voce, era la Mamma.
Meno male che era arrivata!
Dovete sapere che la mia mamma è la mamma più brava del mondo, infatti lei ha capito subito che per me era un brutto momento e che avevo bisogno di consolazione, e per tutta la notte mi ha parlato dolcemente, a voce bassa, per farmi capire che anche se adesso ero fuori non era comunque finita.
Avrei comunque avuto il suono della sua Voce ancora accanto a me per aiutarmi.
Piano piano mi feci coraggio.
Mi dissi che con lei potevo farcela a superare tutte quelle grane che mi erano piovute addosso.

mercoledì 7 aprile 2010

IL GIOCO DELLE OTTO PAROLE N°1

Si prendono otto parole a caso, e si inventa un racconto breve che deve contenerle. Facilissimo e divertente!
Se ci volete provare anche voi aggiungerò il link della vostra creazione in fondo al post.
L'idea mi è venuta da un vecchio esercizio di stile proposto da Eulalia.

OTTO PAROLE (sentite ai giardinetti dove giocava mia figlia): scendi, Asia, formica, scale, notizia, faticaccia, mamma, mano

CARTOLINE

Quando la mamma mi annunciò che aveva deciso di trascorrere le vacanze in Asia, sulle prime non mi preoccupai dal momento che concedersi lunghe pause esotiche era per lei una divertente abitudine. Nel corso degli anni aveva già visitato il Cile, la Nuova Zelanda, la Turchia e il Canada e l’unica difficoltà per me consisteva nel darle una mano a preparare le venti o trenta valigie di “cose strettamente indispensabili” da portare con se. La mamma aveva anche la graziosa fissazione di scattare una foto ricordo che poi mi spediva in formato cartolina, con tanti saluti a me e a tutti i miei compagni. Quelle passate ce le avevo ancora tutte appese sopra la brandina della mia camerata.

Ma quell’anno non mi chiese di aiutarla. Questo particolare avrebbe dovuto farmi suonare un campanello d’allarme, invece niente. Mi resi conto della stranezza solo quando fu lei stessa a dirmelo.
Mi diede la notizia per telefono, quella codarda!

-Mi unirò ai naturisti di Panaji- annunciò tutta tranquilla.

Ecco perché stavolta non mi era toccata la faticaccia dei bagagli: non ce li aveva! Quella vecchia pazza voleva girare nuda per le spiagge di Goa, bruciare incensi e cantare le canzoni di Joni Mitchell con le vergogne di fuori…

-Non lo fare- gridai.

-Sono già sulle scale d’imbarco- rispose lei angelicamente.

-Scendi subito -ordinai.

-Tesoro, stai trasformando una formica in un elefante.

La posta del seminario viene smistata dal priore. Adesso chi glielo spiega, al reverendo padre, che quella anziana nuda sulla foto-cartolina non è mia madre, ma una formica con le tette al vento?


Ed ecco qua altre otto parole:

edaltrestorie

sabato 3 aprile 2010

LA FILOSOFIA DEL GATTO VIVACE



La Bmw metallizzata accostò a lato del cortile tra schizzi di ghiaia e di galline.
-Bongiorno signò -salutò allegramente la contadina, chinandosi dal lato del guidatore.-Volete l’insalata?
-No grazie Maria- rispose la lady, abbassando il finestrino. –Vorrei far prendere un gattino al mio Ruben.
-Ah, quest’anno la gatta n’ha fatti nove! Vai, vai piccolè, ce n’hai da sceglie! Stanno tutti nel fienile!
A quelle parole dal lato passeggero scese un ragazzino magro come uno scheletro con addosso una divisa da calcio giallo canarino tutta infangata.

-Sai Maria- spiegò la signora- è un regalo che gli avevo promesso da tempo ed oggi se l’è proprio meritato. Finalmente Ruben ha segnato un gol, io e suo padre quasi non ci speravamo più. Sono anni che lo facciamo giocare nella squadra del quartiere e lui a rifiutarsi, a piagnucolare che non gli va, che non gli piace. Tutta pigrizia dico io. Non ha voglia di impegnarsi. Ma il mondo non è di chi si tira indietro, il mondo è degli audaci, di chi si mette in gioco e di chi fa vedere agli altri di cosa è capace. Ecco perché ce lo abbiamo tenuto per forza. Perché era una lezione di vita. Solo chi sta al centro della mischia può riuscire, non trovi?
-E certo, signò- concordò la contadina. –E’ come per i gatti. La gente piglia sempre quelli più vivaci, quelli che se fanno vedè , e a quell’altri tocca affogarli, povere bestie.

Il ragazzino intanto si avvicinò alla cassetta appoggiata al lato del fienile, quella in cui diversi gattini giocavano ad azzuffarsi. Quando lo videro quattro micini corsero a strusciarsi intorno alla sua caviglia con fusa festose, due si buttarono pancia all’aria in cerca di grattini e tutti, più o meno all’unisono, si lanciarono in un miagolato più simile al cigolio di una vecchia porta che ad un richiamo animale. Solo uno di loro sonnecchiava nella paglia. Per un istante il pelandrone sollevò il musetto a controllare il motivo di tanto trambusto ma subito si rimise a dormire, annoiato da tutto quel frastuono. Ruben lo scelse senza esitazioni.