lunedì 26 luglio 2010

Come fu che Clarius cambiò registro


OTTO PAROLE
(su richiesta di yuma): Franco, prezzemolo, web, consapevolezza, amici, cervello, fuso, purga.

A quei tempi Clarius frequentava l'università prestando più attenzione ai bruschetta-party o ai festival del lambrusco invece che agli esami.
Tutto cambiò quando una sera trovò sopra il tavolo della cucina una lettera di Webster Griffin detto l'Americano, il suo compagno d'appartamento.
"Clarius,
me ne vado. Lascio gli studi, saluto gli amici e mi imbarco su un peschereccio islandese. Volevo diventare giornalista investigativo, tu lo sai, ma dopo otto mesi che viviamo inseme ho capito che questa non è la strada giusta per me. La tua vicinanza è stata illuminante, tu mi hai fatto prendere consapevolezza di una grande regola della vita: il cervello non è fatto per sudare.
Questo era il tuo motto tutte le volte che tornavo a casa per raccontarti dei miei studi e sulle prime ammetto che mi facevi arrabbiare.
Come quella volta che ti ho spiegato per filo e per segno i motivi per cui sicuramente i servizi segreti americani sono responsabili dell'11 settembre e tu mi hai risposto:
-Take it easy bello mio. Stasera c'ho due tipe a cena, godiamoci il prezzemolo della vita.
-Ma Clarius, io ti dico che tutta la storia degli ultimi anni si basa su un enorme complotto e tu pensi alle donne?
-Ah..eh...sìììì...complotto...e vabbè, ma quelle arrivano tra mezz'ora sai...
Avrei dovuto darti retta e prendermi la bionda, invece di chiudermi in camera a leggere il dossier della National Commission. Spero che tu quella sera sia riuscito a cavartela lo stesso, anche senza il mio aiuto.
Oppure quella volta che ti ho chiesto di accompagnarmi alla Conferenza Nazionale sul Signoraggio e tu mi hai risposto:
- Sei fuso? Stasera fanno Mazzabubù con Franco e Ciccio, mica me lo voglio perdere!
E ti confesso che ho anche saputo di quel soprannome che mi avevi dato, La Purga.
Forse lì sei stato un po' eccessivo, ma me lo meritavo: devi esserti irritato quando ho proposto di ospitare a casa nostra per due settimane il professor Complottis, ma lui è uno dei maggiori esperti riguardo al gruppo Bilderberg e offrirgli il letto in camera tua era il minimo che potessi fare per lui.
Ora ho compreso i miei errori, non aprirò più un libro, mi farò una donna in ogni porto, berrò birra e cercherò di vivere la vita come fai tu. Grazie dell'esempio.
Un caro saluto
Web "

Il rimorso fu tale che da quel giorno Clarius divenne un altro uomo.

giovedì 22 luglio 2010

Favola gotica

OTTO PAROLE (su richiesta di Sofia Luna): casa, bambino, principessa, albero, persona, quadro, lampadina, puzzle.

Ormai erano finiti i tempi degli eroi e dei cavalieri, la lampadina aveva sostituito la vecchia lampada ad olio, i telefoni avevano scalzato le missive e poi erano stati a loro volta superati dai cellulari. Una persona poteva compiere il giro del mondo anche in 24 ore se aveva l'aereo giusto a disposizione, eppure...

...eppure c'era ancora un bambino che si ostinava a credere che per girarlo tutto ci volessero ottanta giorni o al limite, come si apprendeva leggendo bene il libro di Verne, solo settantanove.
Si chiamava Burton, viveva in una
casa in mezzo al bosco e per lui il tempo si era fermato nei libri di favole che leggeva avidamente dalla mattina alla sera, mentre suo padre lavorava tutto il giorno chiuso nello studio con la faccia appiccicata al computer.
Burton non rideva mai, vestiva sempre di scuro, era più pallido del marmo inoltre gli piacevano tantissimo i gatti neri, i pipistrelli, i corvi, le bisce e tutti i rettili. Forse anche per questo quando gli altri bambini lo incontravano scappavano a gambe levate, convinti che fosse un fantasma.
-Quello è un morto vivente, se ti tocca con la mano ti trasforma in uno scarafaggio- raccontavano ai più piccoli per mettergli paura.

Nella mente di Burton quei tipi non erano bambini dispettosi ma "stolti villani", allo stesso modo in cui il postino era "il messaggero di terre lontane", la televisione era un "quadro incantato", l'automobile il "carro meccanico" e il puzzle in soggiorno un "dipinto lacerato".

Il suo libro preferito era "Fole e folletti" di Rita Cantastorie e il capitolo che più gli piaceva era quello della bacca magica: chiunque la possedesse poteva far comparire dal nulla una vera principessa.
Affascinato dall'idea, erano anni che Burton la cercava dappertutto.
Aveva percorso in lungo e in largo decine di volte l'intero bosco setacciando ogni singolo albero, guardando dietro i rami, sotto i sassi, in mezzo ai cespugli ma della bacca magica non c'era neanche l'ombra.
Un bel giorno, alle porte del paese, arrivò una fiera di venditori ambulanti con tendoni, gabbie piene di conigli e galline, stoffe, palloncini, musica.
Burton decise di farsi un giretto e
dopo una mezz'ora il suo intuito si rivelò. La bancarella recava l'insegna "Piercing per tutti" e sopra erano rovesciate cataste di ninnoli, palline, anelli, cerchi, pendagli.
In mezzo a tutta quella ferraglia faceva bella mostra di sé la bacca magica:rotonda, luminosissima e splendente.

Finalmente Burton avrebbe assistito a qualcosa di grandioso e senza indugiare oltre
la prese tra le mani.

-Uè bello -disse una voce alle sue spalle - molla lo swarovski. Non sai leggere?
Si trovò di fronte una ragazza dai capelli viola, vestita di pelle e borchie, con i lobi perforati da decine di orecchini e le unghie laccate di nero che picchiettavano sul cartello "non toccare" lì accanto. Burton si incantò a fissare la fanciulla e il tatuaggio a forma di lucertola che faceva capolino sul suo polso.
-Ha funzionato- sospirò soddisfatto.

venerdì 16 luglio 2010

Coscrizione stellare

OTTO PAROLE (sentite durante la finale dei mondiali di calcio): Argentina, gara, avversari, espulsione, finale, rigore, compagnia, campioni.


Anche se il nome della nave era Argentina 2305 l'equipaggio che la popolava non si limitava ai tizi sudamericani.
Ci partivano da ogni angolo della vecchia Terra, addirittura qualcuno proveniva da Satellite Moon. Facevano a gara quei citrulli per arruolarsi là sopra.
Chissà che gusto ci provavano nell'impegnare due anni della propria vita a farsi trattare come merde dal vecchio capitano Rico Heinlein? Pareva quasi che dire "sissignore, grazie signore" fosse la loro massima ambizione, così come proclamare ai quattro venti: -Io navigo con la Compagnia Buenos Aires, nave ammiraglia!
Il mio arruolamento invece aveva poco a che fare con la voglia di carriera, le ambizioni di gloria o, peggio mi sento!, il desiderio di avventura.
A me il rigore della vita militare aveva sempre fatto schifo: io ero un pittore, un genio del colore e della tela, un bohemien.

Le mie motivazioni si chiamavano Carmen Ibanez e Kelvin Kris, detto anche paparino.


Carmen Ibanez era la reginetta di bellezza del Liceo Yoshiyuki Tomino, dove anche io ero iscritto.
Quant'era bella mamma mia! Aveva due tette, cioè voglio dire due occhi, che erano calamite per lo sguardo. Ma era anche una di quelle fatte per stare con i vincenti, che si innamorano solo dei campioni di Starsoccer e dei figli di papà. E ovviamente tutti i campioni di Starsoccer e i figli di papà della scuola le sbavavano dietro, superfluo dirlo.
Decisi di attirare la sua attenzione e sbaragliare gli altri con un gesto plateale e dal gusto vagamente sovversivo. Alle ragazze di solito piacciono gli artisti ribelli arsi dal sacro fuoco e da quel punto di vista, modestia a parte, non avevo avversari.
Ci misi tutta la notte e il risultato finale fu grandioso: un murales che occupava tutta la facciata del liceo.
Il soggetto era Carmen ovviamente, nuda e adagiata su un letto di petali rossi, proprio come avevo visto una volta sulla locandina di un film dei tempi vetusti.
Solo che non fui compreso.

-Ahhh- urlò qualcuno. -Una ragazza in un lago di sangue!

-Ma no -rispose un altro.- E' la cartina stradale del Madagascar. Ma perchè l'oceano è rosso?

-Che dite? E' Gesù femmina.
L' arte e l'amore mi hanno fruttato l'espulsione dal liceo, e Kelvin Kris, cioè mio padre, è riuscito a riempirmi di botte ed arruolarmi sull'astronave come pelapatate nel giro di un pomeriggio.

Il mio vecchio è sempre stato un modello di efficienza.


domenica 11 luglio 2010

Al parco

OTTO PAROLE (ascoltando last.fm): lontane, sincero (da Amico mio di Alex Britti), superman, baby, revolution (da Baby Revolution di Gianluca Grignani), profumo, legale (da Anche questo è sud di Rino Gaetano), fotografia (da Sotto questo sole di Francesco Baccini).


La ragazza stava seduta sulla panchina pensando ai fatti suoi. Indossava una maglietta rossa con sopra scritto a chiare lettere: “Viva la Revoluciòn!”, una lunga gonna gitana, ciabattine ad infradito e sulle ginocchia teneva appoggiata una borsa etnica, da cui spuntava l’angolo di una rivista. Aveva addosso uno strano profumo esotico, il ragazzo lo sentiva anche se stava a qualche metro di distanza. Un profumo buonissimo, con uno strano retrogusto, qualcosa che lui conosceva già, ma non era in grado di mettere a fuoco.
Carlo si trovava nel parco perché doveva incontrare qualcuno, un tale Korda86 contattato su internet, per comprare una cosa molto importante. Ma intanto che il tipo non si faceva vedere, che male c’era a provarci con lei? Era così carina!
-Posso?- chiese un po’ impacciato. Lei si riscosse dalle sue fantasie, e gli fece giusto un cenno.
-Ah- tentò il galletto. -Anche a te piace il punk degli anni settanta?
-Eh?
-Hai la maglietta di Viva la Revolution dei The Adicts! Anche a me piacciono, l’hai mai sentita Jelly Baby? Spacca, n’èvvero? La ragazza lo guardò un po’ attonita, poi comprese e si mise a ridere.
-Guarda che c’è scritto Viva la Revoluciòn! E’ spagnolo, non inglese -poi si girò per mostrargli il retro della maglietta, dove c’era stampata la fotografia di Che Guevara, quella famosa con il basco.
-Ah...-annaspò lui. Ormai le speranze di fare colpo erano lontane. -Ad essere sincero non me ne intendo molto…sai, a me è sempre interessata di più la musica che la politica…vabbè, scusa, adesso vado che devo incontrare una persona…
-Che persona?
-Un tale che deve vendermi qualcosa…- il ragazzo si fece vago, sperando con tutto se stesso che la graziosa attivista non volesse approfondire.
-Se vuoi - propose lei, con lo sguardo furbetto - te la posso vendere io quella cosa. Basta mettersi d’accordo sul prezzo.
Carlo cadde dal pero: oddio, e adesso che voleva vendergli questa qua? Non è che quel faccino angelico in realtà nascondeva una poco di buono? Forse era una di quelle, e lui non l’aveva capito perché, come dicevano tutti, era sempre distratto. E quello strano profumo che lui non sapeva definire…vuoi vedere che era semplice puzza di spinello? Solo lui era capace di abbordare una battona spacciatrice di erba nel parco, e pensare che era partito di casa con le intenzioni più innocenti del mondo.
-No…-balbettò paonazzo- …io devo comprare una cosa legale…
Ed ecco che la ragazza scoppiò a ridere a crepapelle, con le lacrime che gli uscivano dagli angoli degli occhi.
-Non ti vendo mica la kriptonite - chiarì, divertita dall’imbarazzo di Carlo.
Tirò fuori dalla sua borsa etnica la rivista che faceva capolino, e gliela aprì sotto il naso. Era Superman vecchia edizione.
- Il numero 32- sussurrò Carlo - l’ultimo per finire la mia collezione…
-Sì, ma ti costerà più di quello che avevamo detto- mise in chiaro Korda86 facendogli l’occhiolino.-Almeno un invito a cena…