martedì 31 agosto 2010

La redenzione di Ramon


OTTO PAROLE
(su gentile richiesta di Gyacinta): vicolo, grattacielo, perdersi, Paul Auster, sentiero, destino, Italo Calvino, Gyacinta (+ Barbara).

Carmen Gonzales camminava per le strade di Manhattan con le spalle un po' incurvate per la soggezione.
C'era da perdersi fuori dal vicolo dove era vissuta tutta la vita ma aveva fatto una promessa e ora camminava lungo il borough intabarrata nel suo cappotto di panno blu, con il plico sotto il braccio e il foglietto dell'indirizzo in mano. Il Crystal Cobalt era piuttosto basso per poterlo definire un grattacielo, ma restava comunque molto più grande di qualsiasi costruzione in cui Carmen fosse mai entrata.
-Estoy cercando mister Jeff DeBarbara- chiese timidamente all'usciere.
Ramon le aveva detto che era un editore molto importante, talmente importante da rifiutare nella sua scuderia gente del calibro di Philip Roth o Paul Auster. Carmen aveva annuito a quei nomi, anche se non li aveva mai sentiti prima.
-Non me vorrà veder, nunca- pensò rivolta al plico.
E invece, per un benigno scherzo del destino, dopo un paio d'ore fu ricevuta dal pezzo grosso in persona.
-Buongiorno signora- esordì DeBarbara.
-Ricevo sempre un postulante al mese- spiegò notando l'espressione incredula della donna. -Mi lasci indovinare, lei ha scritto un capolavoro e vuole sottoporlo alla mia attenzione, dico giusto?
-No senor, io non escribo neanche la lista para la spesa.
-Ah! E allora cosa vuole da me?
-Te devo dare esto, es da parte de Ramon- rispose porgendo la busta.
-Uno scrittore?
-No, era el camarero all'hotel Bella Italia. Ora però es vecchio, es moribundo.
DeBarbara ciucciò il suo sigaro in silenzio, lasciando andare i pensieri per qualche misterioso sentiero.
-Che storia c'è dietro?
-Ramon leggeva los libros siempre. Era su unica pasion. Lavorava e leggeva, leggeva e lavorava. Solo trabajo e lectura. Un dia ariva nel albergo un grande escritor famosissimo. Ramon era così felice porquè anche lo escritor era original de Cuba, proprio come lui. Così Ramon ha fatto peccato: entrò nella sua camera in oculto e silenzioso, ha apierto una borsa piena de carte e ha rubato un fojo.
-Cosa c'era scritto sul foglio?
-Una fabula. Ma lui non l'ha letta, nunca. Solo el titulo, poi l'ha richiusa. Ma se vergognò a volverla indietro. Ahora Ramon esta per morir.
-E perchè la vuole dare proprio a me?
-Ramon dice che te conosce. Anche tu vai siempre all' Hotel Bella Italia. Ramon dice che tu es abastanza loco per restituir la fabula al pueblo.
-Ramon mi cede la sua refurtiva perché pensa che io sono matto?
Carmen si alzò e se ne andò senza aggiungere altro.
Quello che doveva fare lo aveva fatto e ora poteva tornare a casa.
DeBarbara rimase solo nel suo ufficio a ripensare a quella strana storia.
Non aveva creduto ad una parola: probabilmente la favola non era di qualche misterioso scrittore ispanico del passato ma l'aveva scritta Ramon in persona, o forse la stessa Carmen.
Quella era tutta una balla inventata apposta per incuriosirlo. La cosa migliore sarebbe stata strappare la cartella e andare a pranzo ma in fondo una cosa giusta lei l'aveva detta: Jeff era abbastanza loco.
Aprì il pacco e guardò il frontespizio: "Gli orti di Gyacinta, di Italo Calvino".

martedì 24 agosto 2010

Il lillà indiano



OTTO PAROLE
(dal cd di canzoncine dei pupi) : denti, inchino,capelli, panni,verdura, gambe, amico, capitano.

-Se mi permette un consiglio, milady, le suggerirei di non affacciarsi in questo momento- disse Perkins dopo aver aperto le tende del salone come gli era stato chiesto pocanzi da Lady Wester intenta alla sua colazione.
Il suo tono era calmo e imperturbabile ma la richiesta suonava oltremodo bizzarra.
-Non ho voglia di farlo- rispose milady sorseggiando il suo tè - ma nel caso mi andasse perché non dovrei?
-Per non rovinare una serena digestione- rispose Perkins con un piccolo inchino.
Milady non seppe resistere alla curiosità eppure guardando dalla finestra del palazzo dei suoi avi tutto si sarebbe aspettata tranne che una mandria di mucche al pascolo nel suo meraviglioso giardino vittoriano. Quasi le cedettero le gambe dalla sorpresa.
Mucche?
Se i suoi capelli non fossero già stati bianchi lo sarebbero diventati di sicuro.
Quelle volgarissime e puzzolenti bestie dallo sguardo acquoso strappavano con i loro denti bovini i delicati germogli primaverili, i rododendri, le eriche, e -orrore- trasformavano in verdura da ruminanti il lillà indiano che il suo povero papà, il capitano Wester, aveva portato con sé dalle colonie tanti anni addietro.
Se non fosse stata educata nei più rigidi collegi del Regno si sarebbe messa a urlare e sbraitare per l'indignazione, ma visto che era una vera lady se ne rimase ferma in silenzio ad osservare quello scempio accanto a Perkins che, dal canto suo, se invece di mucche si fosse trattato di mammut non avrebbe perso la sua espressione impassibile.

Solo quel pomeriggio milady poté dare sfogo alla sua frustrazione, sulla spalla del maggiore Horace, vecchio amico di famiglia.
-Non mi sono mai sentita tanto disperata. Mettetevi nei miei panni maggiore, non si tratta solo del giardino, che di per sé era bellissimo, ma quella pianta di lillà aveva un valore affettivo incalcolabile.
-O povera cara, ma come è potuto accadere?
-Ah, tutta colpa delle nuove siepi di pisello odoroso che sono state piantate all'ingresso. Pare che il pisello sia talmente odoroso che le vacche , concedetemi il termine, non abbiano resistito.
-Davvero spiacevole.
-Oh, il lillà indiano di mio padre! Quanto lo rimpiango. L'aveva portato dalla giungla come pegno d'amore a mia madre. Non potrò mai sostituirlo.
Il maggiore Horace si affacciò sui resti del giardino di milady, un capolavoro di botanica da sempre orgoglio del maniero. Mentre contemplava la terra smossa, le aiuole calpestate e i cespugli divelti una sensazione di euforica speranza montava dentro di lui. Da quarant'anni era follemente innamorato di milady ma non era mai riuscito a trovare le parole adatte per dichiararsi e chiedere la sua mano. Ora forse non tutto il male veniva per nuocere.
-Se potrà in parte riparare la vostra perdita e riportare il sorriso sul vostro volto io ho intenzione di partire per l'India, affrontare tutti i pericoli della giungla, ritrovare un esemplare identico a quello distrutto e riportarvene una talea da trapiantare.
-Sir Horace, partire per l' India? Di certo state scherzando. Non offendetevi se vi ricordo che avete una certa età.
-Il momento migliore per abbracciare l'avventura-rispose lui, già vedendosi di ritorno dopo mille pericoli con le braccia piene di fiori esotici e la dama, conquistata dalla sua devozione, che cadeva ai suoi piedi.
-Non avete tutti i torti- meditò milady. -Ma sarà meglio che io venga con voi, caso mai abbiate bisogno di un'infermiera per i malanni.
Il maggiore Horace si sentì commosso da tanta premura. Un viaggio in terre lontane loro due da soli era molto più di quanto avesse mai osato sognare.
-Non era quello che avevo in mente, milady, ma se davvero nutrite il desiderio di partire con me...
-E porterò anche Perkins. Capirete, anche lui comincia ad essere attempato e poi si annoierebbe a restare a casa.
Perkins? Quel vecchio barbagianni pomposo alle costole,colui che da quarant'anni riusciva a interrompere i rari momenti in cui il maggiore riusciva quasi a farsi coraggio per la dichiarazione. Se lo trovava sempre in mezzo, ogni volta con quel suo tono impeccabile e il suo tempismo fuori luogo.
-Ecco ...-farfugliò il maggiore.
-Perkins- esclamò lei entusiasta. -Vuoi essere dei nostri?
-Eccellente idea, madame.

Fu così che si formò la compagnia del lillà indiano e due giorni dopo Milady, il colonnello Horace e Perkins partirono per la loro impresa ricca di colpi di scena.

martedì 17 agosto 2010

La foto


Dal mio vecchio blog...

- Eddai Sora Marì! Fateve fa 'sta foto!- implorava Gigetto, rincorrendo la vecchietta per tutta l’aia.

Era il caldissimo agosto del 1968.
Nel mondo infuriava la guerra del Vietnam, Martin Luther King e Bob Kennedy venivano assassinati, in Cecoslovacchia aveva fine la “primavera di Praga”, a Città del Messico quarantamila persone scendevano in piazza per urlare contro la repressione.
A Serrapetrona Luigi Sagripanti non riusciva a scattare una foto a Maria Palma, la donna più vecchia del paese.

Il problema era che lei non voleva saperne e con il cesto delle uova sotto il braccio se ne andava per la sua strada evitando gatti, galline e fotografo con la stessa grazia di una ballerina.
-Vattene che porti disgrazia!- gli urlava scacciandolo con la mano.
Dalla stalla uscì un contadino, l’aria accaldata e la faccia paonazza:
-Gigetto! Lascia sta’ la nonna, che se cade facciamo la frittata!
Gigetto era il fotografo del paese e negli anni aveva collezionato i ritratti di tutti i patriarchi del villaggio perchè voleva rendere testimonianza degli antenati alle future generazioni e inoltre era convinto che non ci sarebbero state mai più -fotograficamente parlando- delle facce così.
Il sole, la fatica, la guerra, gli stenti e la campagna avevano scavato solchi e scritto storie sui volti di quella gente che pur senza parole narravano le vicende di un mondo, un mondo destinato a sparire. Adesso gli mancava solo Maria Palma per concludere l'opera ma doveva sbrigarsi a scattare quella foto perché a novantuno anni suonati ogni giorno può essere quello buono, Dio non voglia.
Gigetto sospettava il vero motivo a monte del suo ostinato rifiuto ed ebbe un’idea. Saltò sul suo vespino e partì a tutta velocità.

-Nonna, sta tornando Gigetto!- disse il contadino, dopo una mezz’ora.
-E s’è portato pure il prete- gemette Marì vedendo una sottana nera che svolazzava dal sedile posteriore.
-Sora Marì- esordì il parroco, prendendole la mano per impedirle di andarsene- perché non volete permettere a questo bravo giovane timorato di Dio di fare il suo lavoro? Ve l’ho detto tante volte: la fotografia non vi ruba l’anima, statene certa. Io ve lo assicuro di persona! Il vostro spirito non resterà nel pezzo di carta, ma quando sarà il momento andrà in Paradiso!
Ci volle mezzo pomeriggio per convincere Maria Palma ma dopo spiegazioni, incoraggiamenti, giuramenti solenni ed esortazioni finalmente si decise.
Don Mimmo dovette benedire la macchina fotografica con l’acqua benedetta e Gigetto mettersi al collo il rosario che era appartenuto alla povera mamma di Marì.
Poi la vecchia, finalmente persuasa, disse che andava in casa a pettinarsi perché - si sa- la donna è donna e non voleva fare brutta figura nella sua unica foto.
Uscì fuori dopo più di mezz'ora: aveva i capelli bianchi raccolti da tre alti pettini d’osso intagliati, dalla crocchia le partiva un meraviglioso scialle di pizzo nero che si adagiava sulle spalle. Indossava una camicia di seta bianca con un corpetto ricamato, una lunghissima gonna con lo strascico e tra le mani teneva un piccolo fazzoletto al tombolo, unico pezzo rimasto del suo corredo da sposa.
Era bellissima.

martedì 10 agosto 2010

Al catechismo

OTTO PAROLE (una per ognuno dei libri top 8 di ibs) : acqua (in bocca), acciaio, canale (mussolini), (il) filo (che brucia), (il) re (dei giochi), (il) Vangelo (secondo Gesù Cristo), caccia (al tesoro) , (un) giorno.

Io non capisco perché quel tipo del Vangelo doveva a tutti i costi far passare un cammello dentro la cruna dell'ago. Glielo ho detto a Suor Agostina che Gesù avrebbe dovuto togliergli la bestia e dargli una matassa di filo a quello lì , invece di attaccare tutta la predica che tanto alla gente così non gliene importa niente delle belle parole.
Come al solito Suor Agostina non è stata d'accordo con me e siccome quel giorno era di buon umore mi ha dato una punizione sopportabile, un'ora a guardare il rosario su Canale Trinità, la televisione preferita delle suore.
-Forse così imparerai una buona volta a non fare il buffone.
Io non lo faccio apposta e non voglio neanche fare il buffone, è solo che la religione mi fa venire le domande dentro la testa.
Mamma dice sempre che io ho l"animo fisolofico", che non so cosa vuol dire, ma mi sa che è colpa sua se finisco sempre in castigo.
Come quella volta che Suor Agostina stava ad elencare tutti i superpoteri di Gesù: che lui è il re dei re, che moltiplica le cose da mangiare, che resuscita i morti eccetera e io sentivo questa domanda dentro la testa che non se ne andava anche se gli dicevo vai via vai via.
E alla fine ho alzato la mano e l'ho fatta:
-Ma Gesù, quando faceva la pipì, gli usciva l'acqua fresca?
-Piccolo delinquente- mi ha urlato lei contro la faccia, tanto che qualche gocciolina di saliva mi ha colpito (che schifo). -Ma allora tu vai a caccia di guai!
Quel giorno il mio sedere ha scoperto perché l'avevano soprannominata Braccio d'Acciaio.
E io che pensavo perché era uguale spiccicata a Braccio di Ferro.

domenica 1 agosto 2010

Demential-yacht

OTTO PAROLE (proposte da anneheche): Barbara, biblioteca, fiori, sole, latte, strada, sesso, Carrick (n.d.r. trattasi di un poliziotto infallibile protagonista di diverse avventure su questo blog)

L'Ocean Blue navigava placido a largo di Porto Cervo. Un gioiellino da nove milioni di euro -mica bruscolini - ma Folco Bronzi, ultimo discendente di una notissima famiglia di industriali blasonati, non aveva badato a spese in onore della sua nuova fiamma, colei che ora se ne stava languidamente distesa a prua a prendere il sole in topless.
Le riviste si erano tuffate a pesce sulla notizia del loro amore e avevano dedicato alla coppia titoli cubitali: "Il rampollo e la valletta" quelli meno velenosi, "La numerina e il conticino" tutti gli altri. Alludevano ovviamente alla trasmissione televisiva "Bilanci tuoi" dove lei ballava la sigla d'apertura.
Folco non ci aveva dato peso e nonostante tutte le previsioni negative la loro unione non aveva subito il logorio del tempo: la sua Bambi era ancora innamorata di lui come il primo giorno, due mesi addietro.

-Cicci- chiese Bambi- n'do sta er piccolo Lupo Lapo?
-Chi è? Nostvo figlio?
-Aò, stai sempre a scherzà tu.
-Pucci pucci, io schevzo, ma stavolta non so di chi tu stia pavlando.
-Mo' me fai venì er latte a le ginocchia: è er chiuahua che m' hai regalato pe' l' anniversario. Quella carognetta se nasconne dappertutto e dopo chi lo trova? Manco l'ispettore Carrick!
-Un altvo che dovvei conosceve?
-Ma no, questa è 'na cosa mia. Un giallo che 'sto a seguì su internet. Fori de testa amò, c'è n'ispettore, 'sto Carrick che te sto a dì, beh me pare er bisnonno de Derrick pe quanto è fijo de bona donna. Potrebbe scoprì pure er sesso dell' angeli quello là.
-Ah, un guavdone! Eh micetta, se ti piacciono i vomanzetti povno ce ne ho tanti giù in biblioteca.
-Mo' me verrai a dì che c'è pure 'na biblioteca, qui a bordo?
-Sì, ce l'ha voluta metteve l'avchitetto, diceva che dava un tocco cultuvale, pevò non mi vicovdo tanto bene la stvada pev avvivavci.
-Sei 'na sagoma amò: me sa che nei cannoni te ce metti troppe foglie e pochi fiori, tanto pe' fatte 'na citazione de l'anni sessanta. Però in effetti po' esse che er cagnetto sta laggiù a masticà le riviste. Quello morde tutto quello che trova e je da certe shakerate!
-Beh, speviamo allova che non scopva la Santa Bavbav....
BBBBBBUUUUUUMMMM!!!!